Grosseto, 28 luglio 2012 – Centonove pagine. Centonove pagine di documenti, frutto di un attento lavoro di indagine, acquisizioni, interrogatori. Materiale probatorio recapitato dalla Procura di Cremona che è diventato «senza dubbio» un quid novi rispetto a ciò che è stato contestato nel precedente provvedimento.


Stefano Palazzi, il procuratore federale, ha vergato, insieme ai sostituti procuratori, punto dopo punto le accuse che rischiano di inchiodare il Grosseto e il presidente  Accuse che, se provate nei due gradi di giudizio, spedirebbero il Grosseto nel campionato di Prima Divisione. Minuziosa la ricostruzione dei fatti alla luce delle molteplici fonti che, in fase di istruttoria, Palazzi e il suo staff hanno messo nero su bianco.

Sono state probabilmente le conferme di fronte a Palazzi di Iaconi prima (8 giugno), Conteh (4 giugno), Acerbis (9 luglio), Carobbio e Turati (10 luglio) poi a far «riconoscere assolutamente credibili — si legge nel provvedimento — le dichiarazioni rilasciate alla Procura di Cremona e allaProcura Federale di Filippo Carobbio, ovvero la particolareggiata ricostruzione dei fatti relativa all’accordo verificatosi tra Ancona e Grosseto al fine di combinare la gara, concordando il risultato di parità».

«Praticamente le squadre erano d’accordo», dice Conteh. «In ritiro Turati mi disse che avrebbe potuto parlare con qualche giocatore dell’Ancona e riferii della circostanza al presidente Camilli: mi disse di autorizzare Turati a lasciare l’albergo per andare a parlare con gli avversari», ribadisce Iaconi.

Il carico da novanta ce lo mettono Acerbis («Eravamo in ritiro a Norcia e appresi da Carobbio che ci potesse essere la possibilità che la società del Grosseto comprasse la partita contro l’Ancona»), lo stesso Carobbio («Tutti sapevano che nessuno della società poteva prendere qualsivoglia iniziativa senza consultare Camilli, quindi per noi era evidente che il ds Iaconi agisse su mandato di quest’ultimo»), Turati («Una volta saliti in auto, Joelson mi disse il vero motivo dell’allontanamento dal ritiro: Iaconi aveva ricevuto dal presidente Camilli l’incarico di mandarci dai giocatori dell’Ancona per cercare di concordare il pareggio»), e pure Erodiani («Tutti erano d’accordo per il pareggio, andatevi a rivedere la gara»). Conferme che Palazzi mette da parte e archivia come «assolutamente credibili» visto che anche Da Costa riferisce dell’incontro all’autogrill, chiudendo il cerchio delle risultanze probatorie.

Un disegno che Palazzi «rifinisce» dopo le audizioni di Piero Camilli (13 luglio) e del team manager Luciano Cafaro (17 luglio). «La versione dei fatti — scrive il procuratore federale — ricostruita alla luce delle molteplici fonti citate è perfettamente combaciante e non lascia adito a dubbi, neanche sotto il profilo logico, circa il coinvolgimento di Piero Camilli, consigliere con poteri di rappresentanza del Grosseto, nella combine della gara in esame».

Le circostanze che tutte le decisioni aventi risultanza economica, non rientranti nell’ordinaria amministrazione, venissero assunte personalmente da Camilli trovano infatti — secondo Palazzi — riscontro nelle dichiarazioni rese proprio dal presidente: «Vengo sempre interpellato — ha detto Camilli — quando la mia società deve affrontare impegni di spesa rilevanti. Ritengo normale che in qualità di presidente possa pretendere da collaboratori e dirigenti che mi si tenga informato». Lo stesso Cafaro, amministratore unico e team manager, ammette che «per la parte straordinaria era l’assemblea dei soci che decideva», termine che identifica proprio Camilli.

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