Questa mattina, in Calabria, Campania, Basilicata, e Lombardia, i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Cosenza, con la collaborazione dei Comandi dell’Arma territorialmente competenti, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale D.D.A., nei confronti di 58 persone indagate per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, usura, illecita concorrenza con violenza e minaccia ed altri delitti.Contestualmente, è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni mobili ed immobili per un valore complessivo di 7 milioni di euro. 

I provvedimenti scaturiscono da un’indagine avviata dal Raggruppamento nel settembre 2014 successivamente all’omicidio del sindaco di Pollica (SA), Angelo VASSALLO classe 1953, ucciso in un agguato ad opera di ignoti il 5 settembre 2010, nella frazione di Acciaroli di quel comune. In quella fase venivano avviate indagini finalizzate ad accertare l’operatività nel Cilento e nel Vallo di Diano di articolazioni della cosca MUTO di Cetraro (CS) attive nel settore del narcotraffico. L’attenzione veniva focalizzata sul conto di g.v. da Sala Consilina (SA), in storici rapporti criminali con F.M. e L.M. da Cetraro, nonché con V.P., rappresentante della ‘ndrina di Scalea (CS), federata agli stessi MUTO. 

Sulla base dei preliminari elementi raccolti, attualizzata la dipendenza gerarchico-criminale di G.V. dai MUTO, nel marzo 2015, con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo, la manovra investigativa convergeva sul Distretto catanzarese, al fine di aggredire il centro decisionale della citata articolazione ‘ndranghetista. sviluppandosi sotto la direzione del Dr. Nicola GRATTERI, Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro, dei Procuratori Aggiunti Dr. Giovanni BOMBARDIERI e Dr. Vincenzo LUBERTO, e dei Sostituti Procuratori Dr. Pierpaolo BRUNI e Dr. Alessandro PRONTERA. È stata così delineata l’operatività di un sodalizio mafioso facente capo all’indagato M.F., dedito principalmente ad attività di narcotraffico ed al pervasivo sfruttamento delle risorse del territorio di diretta influenza, attraverso una serie di attività fittiziamente intestate a prestanomi mediante le quali assumevano il controllo monopolistico di importanti settori commerciali, quali:

         il mercato ittico, ambito nel quale M.F. viene considerato “re del pesce”, essendo stato indagato e più volte condannato, fin dalla fine degli anni ’70, per aver avviato un vero e proprio controllo monopolistico dell’offerta e della domanda di pescato nell’alto tirrenico cosentino, tramite l’impresa individuale di O.A., cl.1970, (genero di M.F.), già sottoposta a confisca nel 2006 ma ancora nella disponibilità dei MUTO per la documentata connivenza degli amministratori giudiziari, attraverso la quale l’organizzazione si garantisce il monopolio dell’offerta di pescato, imponendo modalità, tempi e tipologia di prodotti ittici da immettere sul mercato, garantendosene l’esclusivo conferimento da parte delle flottiglie locali di pescatori. Sono inoltre emersi i rapporti con la grande e media distribuzione, nonché con i ristoratori ed albergatori della riviera settentrionale cosentina, ai quali i prodotti ittici venivano distribuiti e commercializzati in assenza di concorrenza. Il controllo ‘ndranghetistico nel settore viene ulteriormente assicurato dalla diretta gestione dei punti vendita al dettaglio, nonché dalle imposizioni estorsive agli imprenditori più “resistenti”.

Rilevano in tal senso:

.          l’estorsione perpetrata da G.V. e V.P., tra il 2013 ed il 2014, ai danni di un imprenditore salernitano, titolare di più supermercati nel comprensorio di sala Consilina, per  assicurare ai MUTO la gestione della pescheria interna al Centro Commerciale di Sant’Arsenio (SA), oggetto anche di un attentato dinamitardo lo stesso giorno della sua inaugurazione; 

.          l’estorsione perpetrata nell’inverno 2015 da G.V. e L.S., ai danni del titolare di un supermercato di nuova apertura a Scalea (CS), per acquisire la gestione della pescheria interna;

.          l’apertura di varie rivendite di pesce da parte degli indagati i quali, intestando le stesse a congiunti e prestanome, si assicuravano una significativa fetta dell’offerta al dettaglio di prodotti ittici, eludendo le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione ed agevolando la consorteria di ‘ndrangheta di appartenenza.

         i servizi di lavanderia industriale, gestiti dall’indagato M.A., cl.1957, elemento di vertice della cosca MUTO, attraverso l’impresa individuale fittiziamente intestata alla moglie I.A., che fornisce le proprie prestazioni ai numerosissimi alberghi, ristoranti, resorts e villaggi turistici nel territorio criminalmente controllato dal sodalizio, imponendo contestualmente l’approvvigionamento di prodotti ittici presso l’impresa dei MUTO;

            i servizi di vigilanza e sicurezza dei locali di intrattenimento sulla riviera settentrionale tirrenica, attraverso una serie di fidati imprenditori di settore che hanno assicurato al sodalizio c.d. “degli zingari” di Cosenza ed agli stessi MUTO la ripartizione di tali attività, imponendo ai titolari di locali e discoteche il numero di buttafuori ed addetti, nonché il costo delle prestazioni di ciascuno di essi. 

L’indagine ha inoltre documentato, anche attraverso una serie di mirati interventi repressivi, un’intensa attività di narcotraffico realizzata dagli appartenenti alla cosca MUTO principalmente su due piazze di spaccio individuate nei centri di Sala Consilina (SA) e Praia a Mare (CS), sfruttando diversificati canali di approvvigionamento, utilizzati in base al tipo di sostanza commercializzata, tra i quali rilevano quelli con il clan camorristico dei NUVOLETTA di Marano di Napoli e con altri sodalizi del comprensorio vesuviano.

Per quanto attiene la cocaina, è stato documentato, anche mediante diversi interventi di riscontro e sequestri, come la stessa, una volta approvvigionata, venisse custodita a Cetraro e poi ceduta, in quantitativi variabili, ai vari rappresentanti di zona, operativi nella gestione di singole piazze di spaccio.

Sono stati inoltre accertati, soprattutto nella stagione estiva, gli interessi della cosca MUTO anche per la coltivazione di canapa indiana sugli estesi contrafforti appenninici dei comuni interni della Provincia settentrionale tirrenica cosentina. Nel corso delle indagini tecniche-intercettive svolte nell’estate del 2015 veniva infatti localizzato un significativo appezzamento di terreno coltivato con canapa indiana, nel comprensorio del Comune di Buonvicino (CS) e nella mattinata del 29 settembre 2015 venivano tratti in arresto 3 soggetti che si erano recati a mietere il raccolto, successivamente quantificato in complessive 336 piante con la massima percentuale di principio attivo. Nel corso della perquisizione, all’interno di un manufatto, venivano rinvenute e sequestrate numerose armi e munizioni, tra le quali un fucile a canne mozze, cinque pistole (tutte armi con matricola abrasa), un pugnale da caccia, 4 ordigni artigianali, esplosivo da cava e miccia detonante.

La centralità della cosca di Cetraro nel mercato dello stupefacente dell’alto tirreno cosentino era peraltro emersa nell’ambito di pregresse e coeve indagini della Compagnia CC. di Scalea le cui risultanze confluivano nell’ambito del procedimento penale inerente la presente indagine, andando a consolidare la posizione di 14 indagati che sono stati quindi raggiunti dalla medesima misura custodiale. 

Le attività investigative hanno infine consentito di individuare anche un gruppo di fuoco dedito alle rapine presso uffici postali ed istituti di credito del territorio controllato dalla cosca MUTO, documentando finanche le fasi prodromiche ad uno di questi assalti, programmato presso l’Ufficio Postale di Sangineto paese (CS) ove, il 4 giugno 2015, nell’imminenza dell’azione delittuosa, veniva promosso un intervento preventivo che consentiva l’arresto in flagranza di 7 rapinatori ed il sequestro di armi con matricola abrasa complete di munizionamento, giubbetti antiproiettile, indumenti per il travisamento, materiali da sfondamento e 2 autovetture di provenienza furtiva.

 In conclusione, l’indagine ha azzerato il vertice della storica cosca tirrenica, disarticolando uno dei sodalizi ndranghetisti ritenuti maggiormente violenti e pericolosi che sin dagli anni ’70 si distingue per tracotanza e violenza, imposta anche alle compagini criminali dei limitrofi territori del basso cilento ove aveva esteso da tempo la propria influenza.

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