Prima presentazione ieri sera a Salerno per “quando rimasero soli”, il libro della collega Mikela Giordano, pubblicato dalla prestigiosa casa editrice nazionale delle Paoline, in distribuzione in tutte le librerie italiane e acquistabile anche on line sui maggiori siti internet del settore librario. 152 pagine per raccontare una storia davvero toccante, anzi due. Quelle di Emanuele Basile e Mario d’Aleo, giovani capitani dei carabinieri, eroi di un’Italia che di loro sa davvero poco. A raccontare il libro il caporedattore del mattino di Salerno Gianni Molinari. Emozionante anche la narrazione di alcune pagine toccanti del libro. Emanuele Basile era il comandante della compagnia di Monreale, a pochi chilometri da Palermo. Aveva 30 anni quando, nel maggio 1980, fu ucciso a colpi di lupara. Stava partecipando ad una processione , con la moglie accanto e la figlia di appena 4 anni tra le braccia quando i killer entrarono in azione. Un agguato brutale che lascia agghiacciati per la bestialità di ammazzare un uomo sotto gli occhi di una bambina così piccola. Non meno schoccante la vicenda processuale. Malgrado la testimonianza oculare della signora basile, prima di assicurare alla giustizia i responsabili sono trascorsi più di 25 anni, tra sentenze annullate , fughe e altri omicidi. Ma quando rimasero soli parla anche di un altro eroe dei nostri tempi, mario d’aleo. Il giovane capitano fu inviato a monreale subito dopo la morte di basile, in sua diretta sostituzione. Aveva 26 anni. Tre anni dopo,nel 1983, fu anche lui ammazzato barbaramente, sotto casa della giovane fidanzata, a Palermo, insieme ai due carabinieri che gli facevano da scorta. Anche in questo caso una vicenda processuale lunga e complessa. Per raccontare di basile e d’aleo michela ha raccolto le testimonianze delle due famiglie , che hanno condiviso con lei i ricordi di un cassetto dolorosamente riaperto, dopo tanti anni di oblio. Il linguaggio è semplice, la trama avvincente. E fa onore a due eroi del nostro tempo poco conosciuti, la cui vita meriterebbe invece, al pari di altre vittime di mafie, essere indicata alle nuove generazione come modello di virtù e testimonianza reale di impegno civile.

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